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ANTARTIDE
O
Dell'Immersione nel Bianco
di Roberto Mussapi
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con
Virginio Gazzolo
scene Loris
Giancola e Mirko Greco
costumi
Massimo Bevilacqua
luci Trui
Malten
regia
Giancarlo Cauteruccio
Pur frequentando in questi anni i grandi autori
teatrali del ‘900 quali Samuel
Beckett, Harold
Pinter, passando per Alfréd
Jarry o, come di recente, Corrado
Alvaro, Giancarlo
Cauteruccio non ha mai tralasciato
incursioni nella drammaturgia poetica.
La poesia, luogo speciale della parola, ha
rappresentato l’occasione di incontro con Mario
Luzi per Opus
Florentinum, con Roberto
Carifi che per Krypton ha scritto Dino
Campana, un poeta in fuga e con Marco
Palladini per MeDea
e Pithagora
Iperboreo, due testi originali.
Con Antartide
Cauteruccio attraversa nuovamente i territori della
poesia, scegliendo l’opera di Roberto
Mussapi. Antartide, pubblicato da Guanda
nel 2000, è un poema che risulta avere in sé
un’autonoma ed intrinseca drammaturgia.
E' il 1901. L'uomo occidentale, che ha esplorato e
conquistato quasi tutte le terre e i mari del mondo,
si avventura nell'ultimo continente inesplorato, la
mitica Antartide, di cui si favoleggia dal tempo dei
greci e a cui si sono avvicinati nei secoli i grandi
navigatori. Ma quando finalmente lo raggiunge,
comprende che l'ultimo continente è solo ghiaccio e
allucinante biancore. Questa è la conquista con cui
si apre il nostro secolo: il nulla. Partendo da
questo assunto Roberto Mussapi ha scritto un poema
sulla conquista dell'Antartide che diventa metafora
della condizione e della crisi dell'uomo del XX
secolo. Protagonista unico della pièce è Virginio
Gazzolo, la cui voce grazie ad innovative tecnologie
è amplificata ed espansa sulla scena per narrarci il
drammatico viaggio della nave Endurance, mentre
immagini generate da un sofisticato sistema
digital-visual creano il paesaggio onirico e
visionario.
Un bianco accecante, una prigione di ghiaccio in cui
il comandante Tom Crean racconta la vita e in cui lui
e gli uomini del suo equipaggio lottano strenuamente
contro la morte.
“Endurance: il nome
della nave pare prefigurarne il destino, indica
resistenza, sopportazione. A bordo di Endurance
salpa l’equipaggio di Shakleton, che si prefigge di
attraccare in Antartide, per poi attraversare con i
suoi uomini il continente a piedi. Da poco il Polo
Sud è stato scoperto, una gara all’ultimo respiro
tra una spedizione inglese e una norvegese, al
comando rispettivamente del grande Scott e di
Amundsen. Quest’ultimo, spregiudicato, giunge per
primo, dalla disperazione Scott si lascia morire
durante una tempesta di neve, a pochi chilometri dal
campo base. Shakleton vuole la rivincita
dell’Inghilterra, l’impresa si rivelerà una sorta di
Anabasi a lieto fine, un ‘Odissea. Il pack si
condensa, imprigionando la nave tra ghiacci, dopo
nove mesi (il tempo di una gravidanza ) lo scheletro
di Endurance cede, a poco a poco si schianta, gli
uomini devono evacuarla, trasferendosi nei pressi,
in un accampamento sul ghiaccio, isolati da tutto.
Mentre le provviste si esauriscono gli uomini
lottano contro l’ immobilità come avevano fatto
durante la forzata prigionia nel sinistro albergo
della nave, guardando le immagini della lanterna
magica di Hurley il fotografo, seguendone le storie
di paesi esotici, o, da buoni inglesi, recitando
Shakespeare, senza problemi per i ruoli femminili,
in base alla memoria della tragedia elisabettiana.
Una voce narra, scrive un fermo e tremante diario di
bordo, è quella di Tom Crean, irlandese, comandante
in seconda. Il suo ruolo è quello del tramite, in
parte capo in parte membro dell’equipaggio, medium
tra Shakleton e il mondo che lo segue, ruolo di
narratore, di voce narrante. L’impresa di conquista
si è trasformata nel sogno del ritorno, che avverrà,
senza perdite umane, grazie alla solidarietà che la
forzata, letargica immersione nel bianco inverno di
ghiaccio ha suscitato nel cuore degli uomini. Il
neonato secolo del Nulla (Antartide, il continente
senza vita, la terra della morte, è scoperto
nel1901), che imprigiona i suoi novelli argonauti, è
però solcato dalla loro umana resistenza alle forze
annichilenti. La voce di Tom Crean racconta la
resistenza di quell’equipaggio, la volontà del
ritorno, la riscoperta della vita nel gelo della
mortale tenaglia del ghiaccio. Nel bianco
disanimante, nel silenzio disperante del ghiaccio
(di ghiaccio è il fondo dell’Inferno di Dante, non
di fuoco), la voce del comandante in seconda, del
narratore, dell’attore, rievoca la vita, riporta in
scena la memoria e la sua capacità di salvare il
presente. La voce, la memoria, infatti, non salvano
soltanto il passato che rievocano, ma grazie a quel
passato, grazie al fatto di parlare e sopravvivere,
rendono vero il presente, vero cioè suscettibile di
epifanie, visioni, fertile terra di possibili
accadimenti.”
Roberto Mussapi
ESTRATTI DALLA
RASSEGNA STAMPA
“… Asciutto nelle
scelte tecniche, che immergono letteralmente lo
splendido protagonista Virginio Gazzolo in un bianco
che inquieta gli occhi e la coscienza, pulito nel
proiettare panorami lunari insieme alle vecchie
riprese originali della spedizione sui tre grandi
schermi che chiudono lo spazio a mo’ di quinte,
Cauteruccio affida a Gazzolo un monologo che
emoziona e commuove.”
Valentina Grazzini –
L’Unità - 25/02/08
“… La regia
apocalittica e misteriosa di Giancarlo Cauteruccio
ci svela la scena, tutta blocchi e piattaforme, per
il poema Antartide… Il protagonista, intenso e
carismatico Virginio Gazzolo…”
Rodolfo Di Giammarco
– La Repubblica – 11/02/08
“... Un rigoroso
Virginio Gazzolo scattante ed ancora aitante
centellina il suo monologo immerso nella lana a
collo alto e nel velluto a coste larghe… Tutto è di
un bianco denso nella regia di Giancarlo
Cauteruccio… Sembra di essere distesi nelle pagine
de La ballata del vecchio marinaio di Coleridge”
Tommaso Chimenti – il
Corriere di Firenze – 11/02/08
“… Lo spettacolo si
arrampica sulle spalle (invero robuste) del
settantenne protagonista Virginio Gazzolo, uno dei
migliori attori di tradizione della scena nostrana…”
Marco Palladini – Le
Reti di Dedalus - marzo 08
“… Il marinaio
sopravvissuto è Virginio Gazzolo che al Teatro
Studio di Scandicci ha entusiasmato e rapito gli
spettatori nei panni di Tom Crean…”
Maria Primerano –
Gazzetta del Sud – 29/02/08
“… Superba prova di
Virginio Gazzolo, interprete qui del personaggio
dell’ufficiale in seconda Tom Crean… Gazzolo insegue
con la voce con la voce e la recitazione
l’immaginoso e fantasmatico itinerario mentale di
Crean che rievoca la sovrumana impresa o, meglio,
cerca di recuperare quegli eventi nella mente o nel
ricordo semisvanito seduto su una beckettiana sedia
a dondolo. Fino alla conclusione di grande effetto
creata da Cauteruccio con immagini e filmati
originali dell’epoca, accompagnati dalla canzone
dedicata a Shakleton e alla sua avventura da
Battiato nell’album Gommalacca… un momento di
affascinante suggestione.”
Francesco Tei –
Hystrio – aprile/giugno 2008
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