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1995
GIORNI FELICI
di Samuel Beckett


 
 





traduzione Carlo Fruttero
con Marion D’Amburgo, Giancarlo Cauteruccio
costumi Claudia Calvaresi
immagini video Toni Verità
progetto luci e allestimento Marco Bianchi
elaborazioni musicali e sonore Carlo Chimenti
progetto scenico e regia Giancarlo Cauteruccio

Giorni Felici è una delle opere più affascinanti e complesse di Samuel Beckett, e Cauteruccio, completamente immerso in un viaggio nel teatro guidato dalla parola del grande autore lo affronta per la prima volta nel doppio ruolo di regista e attore. Cauteruccio nello spettacolo veste infatti i panni di Willie, il deuteragonista, o forse, più correttamente, l’ascoltatore di Winnie, la donna costretta ad aggrapparsi alla parola prima di venire completamente risucchiata dalla terra. Il ruolo della protagonista viene affidato a Marion D’Amburgo, un’attrice che ha segnato il teatro italiano contemporaneo e che Cauteruccio individua immediatamente come l’interprete ideale per uno dei più memorabili personaggi beckettiani.
“Voglio dire dell’attento percorso che Marion D’Amburgo ha affrontato, con le difficoltà oggettive in cui l’attore si trova quando si rilevano le reali richieste dell’autore, non solo sul piano fisico, quanto sul continuo ininterrotto spostamento da una condizione all’altra, da un tono vocale all’altro, da un sistema narrativo all’altro, da un tempo ritmico all’altro, da un oggetto all’altro. Molte pagine sarebbero necessarie per descrivere il paziente e faticoso processo al quale l’attore deve sottoporsi per interpretare Winnie e fare emergere un personaggio che si trovi a suo agio nella vacuità, solo apparente, che Beckett compone con grande maestria” (Giancarlo Cauteruccio).
Giorni Felici porta in primo piano un elemento imprescindibile della scrittura beckettiana che diventerà anche un motivo ricorrente del teatro di Cauteruccio: la malattia, con il disagio che crea, con la diversità che produce nell’individuo rispetto alla società, con l’immobilità del letto. Una malattia che è anche una condizione dello spirito, fatta di vuoto e di solitudine, e assurge a male del secolo come percezione condivisa del conflitto tra il corpo fisico e la macchina, che lo depriva, lo sopraffa e lo mette in discussione. La partecipazione delle arti a un’unica sensibilità e resa visibile anche dalle proiezioni di particolari dei Cretti di Alberto Burri, un artista che “racconta attraverso le sue Ferite, le sue Combustioni la stessa materia che Beckett tratta con la scrittura”.