traduzione
Carlo Fruttero
con Marion
D’Amburgo, Giancarlo Cauteruccio
costumi Claudia
Calvaresi
immagini video
Toni Verità
progetto luci e
allestimento Marco Bianchi
elaborazioni musicali e
sonore Carlo Chimenti
progetto scenico e
regia Giancarlo Cauteruccio
Giorni Felici è
una delle opere più affascinanti e complesse di Samuel
Beckett, e Cauteruccio, completamente immerso
in un viaggio nel teatro guidato dalla parola del grande
autore lo affronta per la prima volta nel doppio ruolo
di regista e attore. Cauteruccio nello spettacolo veste
infatti i panni di Willie, il deuteragonista, o forse,
più correttamente, l’ascoltatore di Winnie, la donna
costretta ad aggrapparsi alla parola prima di venire
completamente risucchiata dalla terra. Il ruolo della
protagonista viene affidato a Marion
D’Amburgo, un’attrice che ha segnato il teatro
italiano contemporaneo e che Cauteruccio individua
immediatamente come l’interprete ideale per uno dei più
memorabili personaggi beckettiani.
“Voglio dire dell’attento percorso che Marion D’Amburgo
ha affrontato, con le difficoltà oggettive in cui
l’attore si trova quando si rilevano le reali richieste
dell’autore, non solo sul piano fisico, quanto sul
continuo ininterrotto spostamento da una condizione
all’altra, da un tono vocale all’altro, da un sistema
narrativo all’altro, da un tempo ritmico all’altro, da
un oggetto all’altro. Molte pagine sarebbero necessarie
per descrivere il paziente e faticoso processo al quale
l’attore deve sottoporsi per interpretare Winnie e fare
emergere un personaggio che si trovi a suo agio nella
vacuità, solo apparente, che Beckett compone con grande
maestria” (Giancarlo Cauteruccio).
Giorni Felici
porta in primo piano un elemento imprescindibile della
scrittura beckettiana che diventerà anche un motivo
ricorrente del teatro di Cauteruccio: la malattia, con
il disagio che crea, con la diversità che produce
nell’individuo rispetto alla società, con l’immobilità
del letto. Una malattia che è anche una condizione dello
spirito, fatta di vuoto e di solitudine, e assurge a
male del secolo come percezione condivisa del conflitto
tra il corpo fisico e la macchina, che lo depriva, lo
sopraffa e lo mette in discussione. La partecipazione
delle arti a un’unica sensibilità e resa visibile anche
dalle proiezioni di particolari dei Cretti di Alberto
Burri, un artista che “racconta attraverso le
sue Ferite, le sue Combustioni la stessa materia che
Beckett tratta con la scrittura”.