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2006
NELLA SOLITUDINE DEI CAMPI DI COTONE
di Bernard-Marie Koltès
 





traduzione Anna Barbera
con Fulvio Cauteruccio e Michele Di Mauro
scene Horacio De Figueiredo
costumi Marco Caboni suono Otto Rankerlott
luci Loris Giancola
fonica
Cristiano Caria
regia Annalisa Bianco e Virginio Liberti Nella solitudine dei campi di cotone ha debuttato in versione per palcoscenico nel marzo 2007 al Teatro San Giorgio di Udine.

Lo spettacolo, diretto da Virginio Liberti e Annalisa Bianco, ha visto tre allestimenti estivi di grande successo nel 2006 realizzati in luoghi della quotidianità: il debutto al Mittelfest di Cividale in un bar, un cortile della Casa del Popolo a Montalcino, un frantoio a Radicondoli. La versione teatrale è la sintesi, il risultato, il diario di questo viaggio nei luoghi della vita di uno spettacolo emozionante perché spettacolo sulla vita. Un incontro con la poesia di Koltès e il suo immaginario straziante, fatto di tenebre e di paure infantili, di disperata necessità di affetto. Parole che cercano di superare l’inesorabile difficoltà di esprimersi, di superare la solitudine affollata di ricordi fantasmagorici. Parole che sono musica, musica delicata che tocca e stravolge l’anima.
In questo testo, il più famoso dell’autore di Metz, pubblicato da Edition De Minuit nel 1986 due uomini: un cliente – Fulvio Cauteruccio e un dealer – Michele Di Mauro a notte tarda si incontrano per caso. Entrambi fuggiti dalle proprie case, ma non casualmente. Uno di loro dice che ha qualcosa da vendere. L’altro sta al gioco e dice che forse comprerà. Di cosa si tratta? Non si sa, forse l’amore, forse qualche oggetto, forse il tempo, forse il pensiero, forse l’ascolto.
Un dialogo serrato che è una sfida, un allontanarsi, un cacciarsi, un inseguirsi dei due personaggi in labirinti verbali violenti quanto uno scontro fisico. Eppure l’opposizione tra i due sembra nascondere un bisogno di possessione reciproco, qualcosa che li lega indissolubilmente l’un l’altro. Nessuna motivazione apparente li obbliga a continuare la conversazione, soprattutto perché il gioco diviene sempre più pericoloso ma entrambi sono come logorati dalla volontà di aspettare la risposta dell’altro e continuare il dialogo all’infinito. Tutto appare come una transazione commerciale. Infatti l’autore inserisce nella pièce proprio la definizione di ‘deal’ che precede la prima battuta del testo.

Un “deal” è una transazione commerciale che si basa su valori proibiti o severamente controllati, e che si conclude, in spazi neutri, indefiniti, e non previsti per questo uso, tra fornitori e postulanti, per tacita intesa, segni convenzionali o conversazioni a doppio senso – allo scopo di limitare i rischi di tradimento e di imbroglio che una simile operazione implica – , non importa a che ora del giorno e della notte, indipendentemente dagli orari regolamentari di apertura dei luoghi di commercio omologati, ma negli orari di chiusura di questi.

ESTRATTI DALLA RASSEGNA STAMPA

“[…] La nuova edizione, creata con una lucidità creativa che esalta la fedeltà da Annalisa Bianco e Virginio Liberti, fa un nuovo passo avanti, allargando a un tempo l’oggetto dell’azione e il campo dei suoi referenti […] Le cento facce del magistrale Michele Di Mauro e la grinta di un bravissimo Fulvio Cauteruccio si scatenano in novanta minuti d’inventiva, commoventi, aggressivi, sentimentali, sull’onda portante di una colonna sonora che si esalta alle note dell’Opera da tre soldi o di Qui sas, passando a una mostra di frenesie consumistiche, dalla roulette russa ai travestimenti sessuali, prima di un buio finale che potrebbe farne scattare il duello. Una grande serata di teatro dove l’intelligenza convive con l’emozione nel farci scoprire la nostra realtà.”
Franco Quadri – La Repubblica – 07/08/06

“[…] Quella Solitudine così ambigua e sospesa e nello stesso tempo fisica e carnale, è uno dei testi più belli e inquietanti di Koltès, ma Virginio Liberti e Annalisa Bianco, sprofondandolo nello spazio stretto e allungato davanti e dietro al bancone, ne cavano l’anima più losca ma anche dichiaratamente semplice e comprensibile. […] Non c’è più l’aura di liturgia per quanto laica che Patrice Chereau, interprete e regista, ne dava nella sua edizione canonica tra nuvole di nebbia da angiporto. C’è invece la rincorsa dichiarata di due creature (Fulvio Cauteruccio e Michele Di Mauro sono bravi e intensi senza risparmio) alla ricerca della propria vita e del proprio eros, dietro ed oltre quella transazione fatale dopo la quale nulla sembra poter restare come prima.”
Gianfranco Capitta – Il Manifesto – 23/07/06

“[…] Lo spettacolo di Annalisa Bianco e Virginio Liberti gioca su situazioni contrapposte e sviluppa l’incontro in uno spazio ideale dei passi perduti, nel cammino ignoto ma anche deduttivo di un bar presentato nella sua contrapposizione fra dentro e fuori, che metaforicamente, dunque, rispecchia quello che è il senso profondo di questo testo: l’incontro fra due uomini per i quali il sesso potrebbe essere il momento di un’autoaffermazione nella confusione dei desideri ma anche nella scelta di un travestimento al femminile che ci ricorda Genet: che è un’ invenzione registica e che è un momento molto forte ed inquietante dello spettacolo: quello in cui si rivela tutto il senso di questo dare e ricevere, di questo volere e non volere che Michele Di Mauro rende con sottile, inquietante seduzione e Fulvio Cauteruccio con una fisicità timida che cerca una risposta forse impossibile da ricevere. Da vedere.” Maria Grazia Gregori – www.delteatro.it – 19/07/06

“[…] Il cliente (un bravo ed intenso Fulvio Cauteruccio) non ha desideri, non vuole comprare nulla, sta solo passeggiando nella notte secondo una linea retta che va dal punto di partenza a quello di arrivo e lungo la quale non ha previsto, né intende incontrare nessuno. Il venditore però è insistente, allusivo e cerca di insinuare il dubbio alla sua “preda” che la linea dei suoi passi è inevitabilmente curva, deviata dal suo sguardo che l’ha fatto avvicinare alla sua persona per chiedergli qualcosa che possa appagare i suoi impulsi più segreti. I due attori fino a questo punto sono distanti tra loro, si parlano da un capo all’altro del bar senza nemmeno guardarsi, recitano i loro monologhi come due estranei costretti ad intrattenere un discorso controvoglia, ma ad un tratto esplode la rabbia, l’intima violenza che manda in frantumi la barriera di formale distacco mantenuta a forza per tutto il tempo. E’ qui che lo spettacolo prende forza, che si carica di una forza visiva ed emotiva coinvolgente e nella quale i due bravissimi attori trovano una maggiore intesa espressiva coadiuvata da una complicità scenica…”
Rosi Fasiolo – Il Gazzettino – 19/07/06

“[…] I due bravi interpreti, Fulvio Cauteruccio e Michele Di Mauro sono nel contempo clienti e avventori e annullano ogni di stanziamento con il pubblico, più volte chiamato in causa come referente del gesto e del dialogo. La costrizione alla vicinanza catalizza ancora di più l’energia, eccita l’ascesa deduttiva e l’ambiguità erotica, facilita l’inversione continua dei ruoli di vittima e carnefice, con molti punti di vera inventiva e originalità. Uno spettacolo anche fastidioso, che salta le connessioni della logica per mirare dritto alle contraddizioni che sono insite in ogni desiderare. E va a segno.”
Giulia Calligaro – Hystrio – ottobre-dicembre 2006

KOLTES: DESIDERIO E SOLITUDINE DI DUE UOMINI
Oltre alle verità non dette, alle bugie consentite, al sospetto di tradimenti, la “Solitudine” svela la teatralità stessa della situazione. Impegnati sopra e sotto la pelle, con sguardi febbricitanti, i due attori, Fulvio Cauteruccio e Michele Di Mauro vanno fino in fondo alla loro sfida. Si attraggono e si respingono, come accade nel gioco di due calamite. Ma che cosa desiderano, per che cosa spasimano, nemmeno fino alla fine sapremo.
Roberto Canziani – Il Piccolo – 01/04/07