musiche
originali eseguite dal vivo Peppe Voltarelli,
Salvatore De Siena e Amerigo Sirianni de Il Parto delle
Nuvole Pesanti
progetto
luci Corrado Meloni
scene Giancarlo
Cauteruccio
diretto e interpretato
da Fulvio Cauteruccio
Proseguendo la linea
indicata dal lavoro con U
Juocu Sta Finiscennu (1998), ovvero Finale
di Partita di Samuel Beckett tradotto in
Calabrese, e anticipando i tre poemetti calabresi di
Giancarlo Cauteruccio, che convergeranno in Panza,
Crianza, Ricordanza (2007), Roccu
u Stortu, diretto e interpretato da Fulvio
Cauteruccio, è un importante tappa nella ricerca sulla
propria lingua madre dei fratelli Cauteruccio. Il
progetto raduna le esperienze attoriali e registiche
di Fulvio, quelle musicali di Peppe
Voltarelli, Salvatore
De Siena e Amerigo
Sirianni de Il
Parto delle Nuvole Pesanti e quelle
drammaturgiche di Francesco
Suriano, tutti di origine calabrese.
Lo spettacolo è una sorta di Histoire du soldat post
litteram, un lavoro su un dialetto che fonda la sua
forza proprio sull’incomprensibilità, sul carattere
onomatopeico che trova per incanto la comprensibilità.
Il testo propone un punto di vista inedito nella
narrazione della Grande Guerra, mettendo in primo
piano l’epopea mancata di uno ‘scemo del villaggio’
che parte per il fronte con la speranza di diventare
ricco ma che finirà travolto da una Storia
indifferente e più grande di lui, fino alla morte per
fucilazione a causa di un ammutinamento che il
protagonista non arriva nemmeno a comprendere. Roccu,
antieroe del mito del soldato, è una pedina, angariato
del sistema militare, dalla storia, e dalla natura
stessa, portavoce di un’umanità disperata e disperante
per la quale non sembra esserci possibilità di
salvezza.
Roccu u Stortu, presentato in prima nazionale al
Teatro Studio di Scandicci l’8 marzo 2001, è stato
segnalato al Premio
Riccione per il Teatro 1999.