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2006
TRITTICO BECKETTIANO
ATTO SENZA PAROLE 1, NON IO, L'ULTIMO NASTRO DI KRAPP
di Samuel Beckett
 
 





con Fulvio Cauteruccio, Monica Benvenuti, Giancarlo Cauteruccio, Massimo Bevilacqua
scene André Benaim
costumi Massimo Bevilacqua
luci Trui Malten
musiche ed elaborazioni sonore Andrea Nicoli
regia Giancarlo Cauteruccio

Lo spettacolo ha ricevuto il premio alla regia dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro nel 2006, consegnato al Teatro Argentina di Roma ed è stato salutato da un notevole successo di pubblico e stampa sia al suo debutto che nella lunga tournée.
Cauteruccio, qui in veste anche di attore, è stato definito uno degli interpreti beckettiani più importanti in Italia e inserito nella terna dei premi Ubu come miglior attore protagonista.
Per il Trittico Beckettiano ha scelto tre pièces brevi tra le più riuscite che il drammaturgo irlandese ha consegnato al teatro, capolavori che richiedono ai tre interpreti grande impegno e grande energia. I protagonisti sono Fulvio Cauteruccio per Atto senza parole, Monica Benvenuti per Non io e lo stesso regista per L’ultimo nastro di Krapp.
La regia del Trittico è basata fondamentalmente sul lavoro degli attori e sul conseguente rigore dell’esecuzione, ma come avviene normalmente nelle sue messinscena, Cauteruccio presta una particolare attenzione all’elemento scenico-visuale.
In Atto senza parole il lavoro mimico-gestuale esalta e sottolinea l’incisiva capacità di Fulvio Cauteruccio di azione e espressione nello spazio scenico. Uno spazio abitato da oggetti in movimento pensati dall’autore, qui utilizzati in una macchineria di forte impatto.
Il corpo muto di questo abitatore del deserto genera una sonorità che restituisce le tensioni interne nello spazio siderale che Beckett suggerisce: un concerto per corpo e vuoto, per azione e ininterrotti fallimenti.
Per Non io (uno dei più importanti dramaticule di Beckett in cui la sostanza teatrale si riduce a una bocca che parla di se stessa nel buio, uno dei “simboli” più indicati a rappresentare la sua poetica) Cauteruccio assegna il ruolo di Bocca a Monica Benvenuti, cantante soprano nota nel panorama nazionale ed internazionale per le sue interpretazioni di musica contemporanea.
La sua bocca invade il profondo vuoto in una prova di straordinario uso della voce. Una donna di età avanzata vive ai margini della società, nata prematura, abbandonata dai genitori non ha mai conosciuto né affetto né amore. Un ricordo la ossessiona, quello di un pomeriggio di aprile in cui la sua mente attraversa un buio ravvivato solo da un costante ronzio. E’ in questo vuoto che Bocca compie un salto spirituale che la costringe a ragionare sui temi del peccato e della misericordia, dapprima affrontati con sprezzante sarcasmo, poi via via con più cautela, quasi fossero un punto fermo cui aggrapparsi nella desolazione della sua esistenza.
Il terzo tassello del Trittico è un felice ritorno per Giancarlo Cauteruccio a un testo già diretto ed interpretato in precedenza: L’ultimo nastro di Krapp.
Nell’essenzialità della scena Krapp, il vecchio scrittore fallito, inesorabile mangiatore di banane e instancabile ascoltatore della sua voce registrata, si inoltra in “questo buio che mi circonda” per sentirsi meno solo.
Rintanato nella sua stanza in compagnia di un magnetofono e un numero cospicuo di bobine ben ordinate, compie un viaggio in un altrove temporale, il suo passato.
Tanti nastri, registrati ogni compleanno per tramandare brandelli di vita e di esperienza, vengono riascoltati e mescolati per poi dichiarare il fallimento.
Una resa dei conti di un vecchio triste e ridanciano, ironico e autoironico, spesso con venature patetiche, sentimentali, struggenti che alla fine si adegua consapevolmente allo scacco.

ESTRATTI DALLA RASSEGNA STAMPA

Si può continuare a scoprire Samuel Beckett a cento anni dalla nascita? Lo sostengono i fedelissimi Krypton con un Trittico Beckettiano che riunisce tre testi dedicati dal maestro irlandese rispettivamente al corpo, alla parola e alla memoria, sviluppandoli in modi personalissimi e non privi di sorprese nella stessa struttura lignea di André Benaim. Ne è un esempio piuttosto audace l’Atto senza parole iniziale dove Fulvio Cauteruccio, bianco su bianco, esercita una mimica forzata da colpi di fischietto tra effetti che ne sonorizzano i movimenti , per esplodere al colmo della frustrazione [...] Si piomba allora nel buio per Non io, dove quel che resta di un corpo è solo una minuscola bocca luminosa, che ci riversa un ruscello di parole emesso dalla cantante Monica Benvenuti, acusticamente deformato in suoni [...] Infine Giancarlo Cauteruccio, regista dell’intera serata, interpreta una nuova edizione dell’Ultimo nastro di Krapp, dove la vita si misura col mezzo meccanico, alternando al ritorno del passato colto da precedenti incisioni al registratore le riflessioni dettate lì per lì, confronto di un vecchio con un altro remoto se stesso, in cui si accavallano nostalgia e disperazione davanti al trascorrere del tempo. E il fantasma di Beckett rivive e moltiplica la sua immagine nella sua analisi dei rapporti tra personaggi ed effetti scenici che è la vera chiave della serata.
Franco Quadri – La Repubblica – 16 gennaio 06

Più che un semplice accostamento di testi, sembra un lucido, squassante viaggio in alcuni temi cruciali dell’universo di Beckett – che diventa una sorta di terribile percorso nel dolore e negli smarrimenti del Novecento – questo Trittico che un fedele cultore delle opere dell’autore irlandese come Giancarlo Cauteruccio ha allestito al Teatro Studio di Scandicci, ad apertura delle iniziative per il centenario della nascita. Quasi con un pudore dettato dalla solennità della ricorrenza, questo regista spesso estroso si limita stavolta a scavare nelle pieghe della sua implacabile scritture, cavandone tuttavia risonanze di inusitata intensità. [...] Cauteruccio inquadra questi squarci di sofferenza con una nitidezza spasmodica, e una partecipazione così forte da dare quasi disagio. [...] E tocca lo spettatore nel profondo l’immagine dello stesso regista, livido, pressoché obeso, arrochito nelle sue cadenze calabresi, che compulsa maniacalmente registri di episodi e di date e irride ai propri ricordi divorando ottusamente banane, in straziante contrasto col canto cinquecentesco che gli fa da sottofondo, e con la pacata desolazione di quel se stesso di tanti anni prima che racconta la disperata fine di un amore.
Renato Palazzi – Il Sole 24 ore – 22 gennaio 06

[...] In tutti e tre i testi, si lotta contro un’impossibilità, una costrizione: non essere padroni di nulla, non potere uscire dalla chiusa dimensione del proprio corpo neppure attraverso un flusso inarrestabile di parole, l’ossessione dolce ma tremenda di quell’andare “su e giù” fra banane e registratori, che vive la parola come un intreccio fra passato e futuro nella glaciazione della memoria. Così nella scena a vista di André Benaim, fra oggetti che vanno e che vengono, colpita dalle luci di Trui Malten oppure nella nuda oscurità o in un altrove della mente e del cuore punteggiato dalle elaborazioni sonore di Andrea Nicoli e dalla struggente musica di un madrigalista inglese, Fulvio Cauteruccio, Monica Benvenuti e soprattutto Giancarlo Cauteruccio sono le voci e il corpo di quel vivere “per tormento” che secondo Beckett è il senso stesso, sia pure senza futuro, dell’esistenza.
Maria Grazia Gregori – L’Unità e Del Teatro.it– 25 gennaio 06

Cauteruccio dedica a Beckett l’intera stagione del Teatro Studio di Scandicci di cui è direttore artistico, con ospitalità di riguardo, convegni e serate d’onore. Il tutto inaugurato nei giorni scorsi da un Trittico che della scrittura beckettiana è molto rappresentativo. [...] In cento minuti, quella che si compie, è quasi un’unica variazione sul tema Beckett, fatta da attori diversi, che unitamente fruga dentro l’identità ancora da approfondire del grande scrittore.
Gianfranco Capitta – Il Manifesto – 27 gennaio 06

E’ tempo di anniversari. Da Carducci a Brecht, da Ibsen a Beckett. L’omaggio culturalmente più corposo va a Beckett, con una kermesse lunga tre mesi promossa e condotta da Giancarlo Cauteruccio, che in Italia è il più importante interprete beckettiano. [...] La radice di quest’opera si ritrova nella nuova versione che Giancarlo Cauteruccio dedica al suo Krapp [...] Questo smembramento dell’io in un tempo crudelmente lineare è uno dei vertici religiosi del XX secolo e Cauteruccio ce lo offre con grande lievità – come sa fare solo chi davvero conosce il suo oggetto. [...] L’insieme è di grande sostanza, un omaggio a Beckett degno di Beckett. Gli applausi interminabili ne sono la conseguenza.
Luca Doninelli – Avvenire – 22 gennaio 06

[...] Ciò è visibile soprattutto nel primo lavoro, Atto senza parole, il più formalmente interessante, con uno straordinario Fulvio Cauteruccio calato nel deserto bianco di un palcoscenico con graticcia a vista dove sono sospesi gi “attrezzi” beckettiani regolati con tiri a vista da un oscuro personaggio che prende appunti. [...] Con Non io il furore di una bocca rosseggiante isolata al buio da tutto il corpo, è “fotografata” nel suo vano e inarrestabile fiume di parole, dove gli scarti vocali di Monica Benvenuti hanno un’evidenza bruciante ed inquietante. Infine, in quel dolente intreccio che L’ultimo nastro di Krapp propone fra la memoria di un passato affidata ad un magnetofono e lo spaesamento dell’uomo che si ascolta senza riconoscersi, c’è tutta la dolente, amara e beffarda ironia di un Giancarlo Cauteruccio in stato di grazia.
Enrico Marcotti – Libertà – 28 gennaio 06

I due versanti della lunga avventura teatrale dei Krypton trovano una completa e bella combinazione nell’ultimo lavoro su Beckett. [...] Lo spettacolo sfoglia tre diversi capitoli – da Atto senza parole a Non io fino all’ Ultimo nastro di Krapp – seminando come traccia più evidente l’alba di una poetica unitaria per il gruppo. La rivoluzione era già nell’aria nei due recenti poemi di Giancarlo Cauteruccio, con uno spostamento di priorità nel personale glossario di potenzialità espressive. La tecnologia è diventata mirabile ingranaggio, abdicando alla funzione preponderante di tema. Oggi si ha la sensazione di una sintesi limpida del corollario kryptoniano.
Claudia Renzi – Il giornale della Toscana – 21 gennaio 06

[...] Atto senza parole con un superbo Fulvio Cauteruccio che ha proposto la sua fisicità ad alti livelli, senza sbavature, Non io, monologo di diciotto minuti immerso nel buio con la sola bocca illuminata a cono della cantante Monica Benvenuti, ed il gran finale con la riduzione di L’ultimo nastro di Krapp con lo stesso Giancarlo Cauteruccio e le sue immancabile bobine e banane. Una platea entusiasta ed elettrizzata che ha chiamato a sé i tre artisti per innumerevoli rientri sulla scena per tributare loro tutto l’affetto ed il fervore che la compagnia calabro-fiorentina è stata capace in questi anni di catalizzare sullo Studio facendone uno dei primi centri di ricerca e produzione del teatro contemporaneo italiano.
Tommaso Chimenti – Corriere di Firenze – 15 gennaio 06

[...] La scelta di fondo si conferma un esercizio drammaturgico d’alta tensione introspettiva dove i testi genialmente assemblati in uno spettacolo articolato e complesso disegnano un’architettura univoca e affascinante. [...] Non io, una performance vocale di impressionante autorità, le labbra arcuate a tagliola di una cantante-attrice come Monica Benvenuti raccontano per squisiti dettagli l’atroce parabola di una bocca con accenti inspirati ad Artaud. Per finire alla grande con l’ultimo Krapp di Giancarlo perso dietro al magnetofono come fosse una storta densa di alchemici vapori.
Enrico Groppali – Il Giornale – 5 aprile 06

BECKETT, LA DESOLAZIONE DIVISA IN TRE. SCHEGGE FULMINANTI DI TEATRO, REGIA ISPIRATA DI CAUTERUCCIO. Un triplo salto mortale nel mondo segregato e nell’umanità degradata, in preda all’incomprensione, alla solitudine e all’inutilità del vivere, di Samuel Beckett. tre famose schegge dalla compagnia Krypton sul palco del Teatro dei Filodrammatici trasformato per due sere nella beckettiana terra di nessuno […] Pubblico folto e applausi finali.
Umberto Fava – Libertà – 20 gennaio 07

[…] Il lavoro mimico-gestuale di Cauteruccio rende tutta la pesantezza e la goffaggine di un corpo che stride e si agita in uno spazio desertico in cui anche le poche cose risultano inadeguate – come il celebre albero disarticolato beckettiano al quale diventa impossibile impiccarsi – o irraggiungibili. […] In una grande prova dell’uso della voce la Benvenuti fra vibrazioni, urla e sospiri, rende tutta la grottesca tragicità dell’esistenza incompiuta di una donna in età avanzata che con rabbia, sarcasmo e disperazione ripercorre la propria vita. Ma è soprattutto L’ultimo nastro di Krapp, magnificamente interpretato da Giancarlo Cauteruccio, a mettere in risalto quello che appare il tema-ossessione dell’opera di Beckett, vale a dire la sovrapposizione del tempo, un tempo che stratificandosi e mescolandosi racchiude ogni vita umana. […] Alla fine sono meritati applausi per Fulvio Cauteruccio, Monica Benvenuti e Giancarlo Cauteruccio, che riescono a dare corpo, voce e memoria a quel malessere senza tempo che perimetra le esistenze dei personaggi beckettiani.
Carla Fellegara - La Cronaca di Piacenza – 20 gennaio 07